domenica 12 maggio 2019

Loten Namling per un Tibet libero!


Per molto tempo il cantante tibetano «Loten Namling» portò il desiderio di portare canzoni della libertà tibetana nel mondo occidentale. I tibetani in Tibet rischiano la vita per cantare queste canzoni. Molti di loro sono in carcere semplicemente per chiedere i diritti umani fondamentali e il ritorno del Dalai Lama!
Così nell'estate 2014 ha contattato il chitarrista e produttore svizzero Patrick Lerjen per aiutarlo a realizzare il suo progetto. In un attento processo, Lerjen cercava allora una fusione organica e potente di queste canzoni melodiche tibetane con i suoni terrosi della Western Alternativ Rock.Ciò che è venuto alla luce, è una perfetta allegoria della vita dei tibetani in esilio, lontani dalla loro patria, ancora attenti al loro retaggio nei loro cuori. Namling e Lerjen erano entrambi veramente sorpresi e stupiti dalla bellezza della musica che scaturiva dallo scioglimento di questi due mondi.
Con Mik Keusen (pianoforte), Philipp Moll (basso) e Muso Stamm (batteria) hanno avuto la fortuna di trovare i compagni perfetti per completare questa straordinaria band TIBETAN -SWISS Porok Karpo, soddisfacendo così la visione di Loten Namling.
La musica di Porok Karpo è allo stesso tempo grezza e leggera filigrana, in cui scene intime conducono a episodi potenti. Il crudo fondamento ritmico di batteria e basso combinato con pianoforte e chitarra in continua evoluzione costruiscono il panorama in cui il cantante Loten Namling racconta la storia del popolo tibetano e la loro lotta per condurre una vita autodeterminata.
Loten Namling (Porok Karpa) è un noto cantante, musicista, intrattenitore e fumettista di origine indiana attualmente residente in Svizzera. Sta lavorando al suo progetto, "Blues", in cui esplora percorsi che collegano le canzoni alla cultura. Il 14 ° Dalai Lama una volta chiamò Loten "un cantante con una voce". Porta profonde magie della cultura tibetana, sempre più minacciata dalla gretto potere dei cinesi, lotta per un Tibet libero con la sua forza espressiva.
Insieme con amore per il grande popolo tibetano e con ammirazione verso questo artista che porta avanti con la sua arte la causa. 
R.D.M.7* - M.G:T.777

2 commenti:

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  2. Tibetan Warrior: la resistenza dei tibetani
    Ma in realtà a pensarci bene è proprio vero: quando mai sui mass media si sente parlare del problema della auto – immolazione dei monaci tibetani per la questione dell'occupazione cinese? Il film in questione è stato proiettato tra le pellicole che hanno preso parte al Trento Film Festival 2017, si tratta di “Tibetan Warrior” un film di Dodo Hunziker che è stato girato in multilingua: inglese, francese, tibetano, cinese e tedesco. La sostanza dei fatti narrati nel film trae spunto completamente da una storia vera, la storia di un cantante Tibetano rifugiato in India che vive in Svizzera da parecchi anni e che ha deciso di intraprendere un viaggio da Berna a Ginevra trascinando una bara, per portarla a piedi davanti al palazzo delle Nazioni Unite, per simboleggiare la morte del Tibet Libero.

    Loten Namling esiste davvero ed è diventato famoso, in patria, nel 2012, per questa missione simbolica, ma di lui non hanno parlato i giornali europei, non più di tanto, come non parlano dei monaci che entrano ed escono dalle prigioni cinesi perché sono contrari all'ideologia statalista cinese, di impero economico e sociale di stampo decisamente comunista, contro lo spirito religioso, buddhista e autonomo dei tibetani.

    Durante la sua camminata il cantante ha continuato a prostrarsi a terra per dimostrare onore a chi si è dato fuoco. Arrivato a Ginevra ha tenuto un concerto di libertà. Poi ha incontrato i politici svizzeri e locali indiani, le tv, infine il Dalai Lama, che lo ha convinto che – la via migliore – è la “mezza via” per non litigare con i cinesi, per non finire come la Siria.

    Parole gravi quelle dette, serie, perché effettivamente per il Tibet le alternative – non lo dice il film ma lo dice la geografia economica – non possono che essere la distruzione massiva (comune al resto della nazione) oppure un forte turismo (per certi versi altrettanto invasivo). Film, viaggi, cultura, natura, la competitività del Tibet si ferma, laddove servono armi o servono soldi. Il Tibet è povero. Il Tibet è disarmato.

    Considerazioni, che si formano insieme alle considerazioni prettamente cinematografiche, del film, che mostra i Giovani Tibetani a Congresso, che discutono di libertà e di combattere, discutono di terrorismo e di nucleare. Ma questo non sarebbe più il Tibet, non sarebbe più la sua aquila, o almeno così dice Buddha e così sostiene anche – seppure nella sua modernità – il Dalai Lama. Che la violenza non fa arrivare all'obiettivo ma lo danneggia. E così sarebbe (MC).

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