lunedì 6 luglio 2020

 LAMBRO: UN FIUME SACRO PRIMORDIALE


La Brianza fu popolata sin dall’età del bronzo antico (4.000 a.C. circa) da popolazioni golasecchiane che oggi sappiamo essere di origini celtiche, grazie anche ai recenti reperti archeologici ritrovati nelle vicinanze di Como. Tali reperti sono visibili sia ad occhio nudo che da una vista satellitare d’insieme. Fanno parte dello scavo archeologico del cantiere del nuovo ospedale S. Anna di Como, in località "Tre Camini".

Il nome stesso della Brianza deriva dalla lingua celtica “Brigh” che significa “luogo elevato”, “altura”, ed assume un significato importantissimo dal punto di vista simbologico e religioso. Rappresenta la dea della fertilità Brigh, Bri, la più venerata presso le popolazioni Golasecchiane. A testimonianza di questa massiccia presenza di popolazioni celtiche autoctone, è la più importante stele di Prestino che reca incisioni in alfabeto Leponzio, nonchè i numerosissimi massi erratici presenti nel Triangolo Lariano, che presentano diverse incisioni a coppelle che rivestono un carattere magico-propiziatorio. Ma quello che è più interessante far notare è la cospicua presenza di chiesette antiche posto ai bivi, edificate su templi celtici preesistente che fungevano da catalizzatori per veicolare le forze telluriche che vi convergevano.
Sotto alcune di queste chiesette, in particolare quelle poste a Lasnigo, Ponte Lambro, Orsenigo, Erba e Pian Rancio, scorrono talvolta sotterraneamente gli affluenti del fiume Lambro (il Palembri, ad esempio).
Il nome Lambro deriva dalle parole celtiche “Lam” (palude) e “Bro” (bosco) ma anche da “Ambe-Ambo” (piccolo fiume). La sorgente di questo fiume, il “Menaresta”, (acqua purissima), si trova all’interno del bosco di Pian Rancio, immersa in un magnifico bosco di larici e abeti conferiscono all'ambiente un'atmosfera quasi incantata, a quota 973 mt, ed è particolarmente importante in quanto è attorniato da diversi massi erratici, alcuni dei quali molto grossi con inicisioni a forma di coppelle, risalenti al 3° millennio a.C.
La fonte è una spaccatura nella roccia che si trova in una zona carsica, calcarea. Nel sottosuolo si aprono profonde cavità e la cavità che sta sotto questa fonte crea un effetto a sifone: finché non si riempie completamente non sgorga acqua, mentre quando è piena, in un solo colpo, si svuota in superficie con abbondante flusso. E’ una sorgente a intermitenza e per questo viene chiamata nella lingua locale “Mena – resta”, vale a dire un po’ mena e un po’ resta. Ad essa è legata una leggenda longobarda. Si narra che Autari, re dei Longobardi, in un periodo di grande siccità, non vedendo più acqua sgorgare dalla fonte del Lambro, si sia convertito al cristianesimo. A seguito delle preghiere della regina Teodolinda la sorgente Menaresta era tornata a fluire. “Qui nasce il Lambro con un filo di voce linda linda” vi si trova scritto su una pietra. Di fronte alla Menaresta si trovano due grotte. Il “Boeucc di Pegor” (grotta delle pecore) rappresenta una serie di grotte comunicanti con stalagmiti. Accanto a questa vi si trova il “Bus de la Stria” (grotta della strega) dove sono stati trovati reperti preistorici risalenti al neolitico. Le prime citazioni di questi importanti siti archeologici provengono dall'Amoretti nel suo "Viaggio da Milano ai Tre Laghi" (1794) e dal G. Frassi che nel 1876 faceva cenno all'esistenza di due piccole grotte situate presso la sorgente Menaresta nel suo "Notizie sulla sorgente del Lambro”. Ritornando al significato delle coppelle si deve far notare che presso la cultura celtica rappresentavano gli occhi della Dea madre, fonte di vita terrena.
articolo di Elena Paredi - postato da M.G.T.777

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