lunedì 23 giugno 2014

Ad ali aperte...

Richard Bach
23 Giugno 1936
Imparare significa scoprire quello che già sai.”


Parlare di Bach è come parlare di un nostro antico fratello di viaggio, Danilo, che ha condiviso con noi giorni di pesca abbondante nel mare della Conoscenza e voli in ascensione nel cielo dell’Anima. E, proprio, Danilo che ci ha fatto apprezzare questo scrittore, che nelle sue opere traccia percorsi luminosi in un cielo spesso buio, perchè viviamo come ciechi in un quotidiano gretto e pesante… e allora seguiamo il gabbiano Jonathan che risveglia il desiderio di Libertà che è in noi, e che ci indicherà la rotta da seguire per essere finalmente Maestri di noi stessi e tendere un ala ad altri perché imparino anch’essi a volare nel cielo di gioia che è di tutti. Usciamo dalle prigioni che giorno per giorno continuiamo a costruire fuori e dentro noi stessi.
Ma ecco delle risposte date da Richard al giornalista:
Cosa ricorda di quella caduta quasi fatale?
"Mentre l'aereo precipitava, dopo aver tranciato i fili, all'improvviso la vita è diventata un sogno: un nuovo mondo pieno di vecchi amici. I giornali hanno parlato di "incidente". Ma per me è stato un atterraggio placido e dolce. Ho sentito persino il fruscio dell'erba prima di toccare terra. No, non stavo volando. Stavo sognando. A un certo punto, qualcuno mi ha chiesto per tre volte se avessi voglia di tornare sulla Terra".
E cosa ha risposto?
"Ci ho pensato un attimo. Poi ho detto sì. E mi sono ritrovato in un ospedale. Ero stato in coma per sette giorni, secondo i medici, anche se mi sembrava fosse passato solo un quarto d'ora".
Ha avuto paura di morire in quei momenti?
"No. Anzi, ho capito che la morte non esiste. Semplicemente, a un certo punto della nostra esistenza, scivoliamo dalle credenze di questa vita a quelle di un'altra. E ognuna di queste vite è un piccolo passo per ricongiungerci con l'Amore".
In che senso?
"L'amore è la nostra unica realtà, l'unico vero senso possibile. Per me è come una piccola voce che ascolto tutti i giorni. A quest'età non riesco a odiare niente, così come non credo in un Dio che odia (ho abbandonato la Chiesa scientista). Credo che ogni sfida della vita sia un test per arrivare all'Amore. Ricorda cosa diceva la volpe al Piccolo Principe di Saint-Exupéry? "Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi"".
È per questo che i protagonisti dei suoi libri cercano sempre di fuggire dalla realtà?
"Il mondo dei mortali non è la realtà, ma semplicemente l'insieme delle nostre credenze, finzioni, illusioni, dell'enfasi e della gioia di condividere le nostre storie. L'unica realtà è l'Amore immacolato dallo spazio e dal tempo. Punto".
Allo stesso tempo, però, il "divino" Jonathan diventa paradossalmente un avatar dell'establishment, sbiadito rituale dei vecchi gabbiani che sfruttano la sua immagine. Perché?
"Perché il vero pericolo per la nostra libertà è l'influenza dei governi e delle religioni, che pretendono di spiegarci come dovremmo vivere, anche quando non hanno potere reale su di noi. Per questo ignoro il più possibile ogni tipo di autorità. L'importante è vivere con dolcezza e gentilezza. La storia ci ha raccontato di molte civiltà senza guerre né crimini, perché fondate sul rispetto verso gli altri. Purtroppo, parte del genere umano questo non l'ha ancora capito".

Nel capitolo inedito di Jonathan Livingston, questa fuga contempla anche il suicidio.
"Quando il mondo degli altri è radicalmente diverso dalla vita che vogliamo vivere, esiste anche questa possibilità. Non a caso, Gesù Cristo rappresenta il primo suicidio di un personaggio storico: si è consegnato nelle mani dei suoi carnefici, nonostante potesse scamparla".
Leggendo l'inedito, però, il suicidio spunta perché le nuove generazioni, anche per colpa dei padri, si sentono smarrite: rifiutano il passato e rinnegano persino un mito come Jonathan.
"Purtroppo, gran parte della storia e dei ricordi viene inevitabilmente dimenticata. E noi mortali ripetiamo, senza sosta, gli errori umani. Come gli Stati Uniti, che da sempre combattono guerre nel mondo senza mai pensare alle conseguenze. Comunque, anche se questo paese sparisse, un altro al suo posto farebbe le stesse misere scelte".
Allo stesso tempo, però, il "divino" Jonathan diventa paradossalmente un avatar dell'establishment, sbiadito rituale dei vecchi gabbiani che sfruttano la sua immagine. Perché?
"Perché il vero pericolo per la nostra libertà è l'influenza dei governi e delle religioni, che pretendono di spiegarci come dovremmo vivere, anche quando non hanno potere reale su di noi. Per questo ignoro il più possibile ogni tipo di autorità. L'importante è vivere con dolcezza e gentilezza. La storia ci ha raccontato di molte civiltà senza guerre né crimini, perché fondate sul rispetto verso gli altri. Purtroppo, parte del genere umano questo non l'ha ancora capito".
(Intervista di i ANTONELLO GUERRERA da Repubblica 29/Aprile/2014)

E.d.R.7

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