sabato 19 luglio 2014

Breve dissertazione sui quadrati magici

Il quadrato magico è un archetipo ricco di significati e di misticismo come lo sono I Ching. E' una rappresentazione matematica e visiva dell'origami della natura, bella come un fotone di luce.” Mark Collins

I quadrati magici venivano costruiti nell'antichità con lettere e numeri , in diversi contesti, e l'armonia della somma complessiva o la leggibilità in varie direzioni delle lettere simboleggiava la consonanza con le leggi dell'universo.
Il quadrato evoca, con i suoi stretti limiti, il senso del segreto e del potere occulto. Il quadrato magico è un mezzo per captare e mobilitare virtualmente un potere, racchiudendolo nella rappresentazione simbolica del nome o della cifra di colui che detiene naturalmente questo potere.

I quadrati magici erano noti già in Cina nei primi secoli dopo Cristo, e forse addirittura nel IV secolo a.C. Il quadrato 3 × 3 era chiamato Lo Shu; nel X secolo i cinesi conoscevano quadrati fino all'ordine 10, oltre a catene di cerchi e cubi magici non perfetti.
Nell'Occidente Latino i quadrati magici apparvero al più tardi nel XIII secolo. Se ne trova traccia in un manoscritto in lingua spagnola, ora conservato nella biblioteca Vaticana (cod. Reg. Lat. 1283a) attribuito a Alfonso X di Castiglia Già in questo testo i quadrati sono dedicati ai pianeti. Ricompaiono poi a Firenze nel XIV secolo, in un manoscritto di Paolo dell'Abbaco, ossia Paolo Dagomari, un matematico, astronomo e astrologo che fu tra l'altro in stretto contatto con Jacopo Alighieri, uno dei figli di Dante. Gli stessi quadrati compaiono anche nel manoscritto Plimpton 167 (folio 69 recto e verso), una copia del Trattato dell'Abbaco del XV secolo conservata nella Biblioteca dell'Università Columbia di New York.
I quadrati magici di ordine 3 sino al 9, descritti come supporti per attirare le influenze dei pianeti a scopi, appunto, di magia, si trovano in numerosi manoscritti a partire dal XV secolo. Tra i più noti, il Liber de Angelis, un testo di magia "angelica" che si trova contenuto in un manoscritto (Cambridge Univ. Lib. MS Dd.xi.45) eseguito attorno al 1440 e che riprende, con qualche variante, il testo di De septem quadraturis planetarum seu quadrati magici un manuale di magia tramite le immagini planetarie, contenuto nel Codex 793 della Biblioteka Jagiellońska (Ms BJ 793). I quadrati con ordini compresi tra 3 e 9 si supponevano essere le immagini proprie dei pianeti—nonché dei loro angeli tutelari—e in quanto tali dotati di particolari virtù magiche. Potevano dunque essere utilizzati per costruire talismani: ad esempio, le loro incisioni su placche d'oro o d'argento venivano impiegate come rimedi, dalla peste al mal d'amore.
Con l'avvento della stampa, i quadrati magici e i loro impieghi uscirono dall'anonimato: responsabile ne fu Cornelio Agrippa (1486 – 1535), che li descrisse in gran dettaglio nel libro II del suo Filosofia Occulta, definendoli "tavole sacre dei pianeti e dotate di grandi virtù, poiché rappresentano la ragione divina, o forma dei numeri celesti".
L'invenzione dei quadrati magici risalirebbe alle origini della scienza. Solo tre esempi...

 Nell'Islam il numero 66 corrisponde al valore numerico della parola Allah. La figura 56.1 è un quadrato magico islamico che esprime il numero 66 in ogni direzione quando le lettere sono convertite in numeri. La griglia del quadrato è formata dalle lettere della parola Allah. Quadrati come questi erano molto comuni nell'Islam. 



Uno dei più conosciuti: il quadrato magico Sator

E' possibile, e anche verosimile, che questo quadrato magico sia di origine celtica, perché la parola arepo può essere spiegata bene con il celtico (avverbio gallico arepo in aventi, in cima, all'estremità imparentato con con arepennis, testa, limite del campo; francese arpent; irlandese airchenn). E' possibile che la formula faccia un'allusione generale alla ruota cosmica, e questo sarebbe un ulteriore avvallo dell'ipotesi celtica.
Questa frase latina, Sator Arepo Tenet Opera Rotas, inscritta in un quadrato magico di 5, è stata interpretata nei modi più vari dagli alchimisti e dagli esoteristi combinando la simbologia della lettera stessa, quella della cifra attribuita tradizionalmente a ogni lettera e quella del colore a seconda del fondo nero o bianco da cui si stacca la lettera. In questo quadrato magico che racchiude “i vortici creatore” (Rotas), alcuni tradizionalisti hanno visto le “nozze cosmogoniche del Fuoco e dell'Acqua, generatrici della creazione”.
Certo questo palindromo quadrato supera ogni altro per la sua diffusione, le meravigliose qualità ed il suo valore enigmatico. Il curioso quadrato magico è visibile su un numero sorprendentemente vasto di reperti archeologici, sparsi un po' ovunque in Europa. Ne sono stati rinvenuti esempi in Roma, nei sotterranei della basilica di Santa Maria Maggiore, nelle rovine romane di Cirencester (l'antica Corinium) in Inghilterra, nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes), a Oppède in Vaucluse, a Siena, sulla parete del Duomo cittadino di fronte al Palazzo Arcivescovile, nella Certosa di Trisulti a Collepardo (FR), a Santiago di Compostela in Spagna, ad Altofen in Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcuni.
A volte le cinque parole si trovano disposte in forma radiale, come nell'abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (Latina), oppure in forma circolare, come nella Collegiata di Sant'Orso di Aosta, sul pavimento della sacrestia della chiesa della Pieve Terzagni a Tremoni.
Altre chiese medioevali ancora, nelle quali si registra, in Italia, la presenza della frase palindroma (in forma di quadrato magico oppure in forma radiale o circolare) sono: la Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, la chiesa di San Potito ad Ascoli Satriano (Foggia), la chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano, in provincia dell'Aquila, la Chiesa di San Michele ad Arcè, frazione di Pescantina (Verona), Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquavivia Collecroce (CB), ed altri ancora.
Gli esemplari più antichi e più celebri sono quello incompleto rinvenuto nel 1925 durante gli scavi di Pompei [sepolta il 24 agosto del 79 d.C.], inciso su una colonna della casa di Publio Paquio Proculo, e quello trovato nel novembre del 1936 su una colonna della Palestra Grande sempre a Pompei. Quest'ultimo ha avuto grande importanza negli studi storici relativi alla frase palindroma[2] poiché esso è completo e arricchito da altri segni interessanti che non si sono trovati altrove[e fu certamente inciso prima dell'eruzione del 79 d.C.,. A partire da questi ritrovamenti, il quadrato del Sator viene anche detto latercolo pompeiano.


Uno tra i più noti quadrati magici è sicuramente quello che compare nell'incisione di Albrecht Dürer intitolata "Melancholia I".
Questo quadrato magico 4x4 contiene i primi 16 numeri e ha alcune affascinanti proprietà. I due numeri centrali nella riga in basso si leggono come 1514, l'anno in cui Dürer realizzò l'incisione. Inoltre , in verticale e in orizzontale e nelle 2 diagonali, la somma dei numeri è 34. In più 34 è la somma dei numeri agli angoli e di quelli al centro. La somma dei numeri rimanenti è 68 (2x34). Dürer voleva forse dirci qualcosa in particolare sul numero 34? Certamente questa opera di Dürer è ritenuta la più complessa le cui valenze simboliche hanno confuso per secoli gli studiosi. Perché l'artista ha rappresentato un quadrato magico in alto a destra? Gli studiosi credono che l'incisione mostri l'insufficienza del sapere umano per raggiungere la saggezza celeste, oppure per penetrare i segreti della natura.
R.D.M..7* - Marcello T.
 
 


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