“Il
quadrato magico è un archetipo ricco di significati e di misticismo
come lo sono I Ching. E' una rappresentazione matematica e visiva
dell'origami della natura, bella come un fotone di luce.” Mark
Collins
I
quadrati magici venivano costruiti nell'antichità con lettere e
numeri , in diversi contesti, e l'armonia della somma complessiva o
la leggibilità in varie direzioni delle lettere simboleggiava la
consonanza con le leggi dell'universo.
Il
quadrato evoca, con i suoi stretti limiti, il senso del segreto e del
potere occulto. Il quadrato magico è un mezzo per captare e
mobilitare virtualmente un potere, racchiudendolo nella
rappresentazione simbolica del nome o della cifra di colui che
detiene naturalmente questo potere.
I
quadrati magici erano noti già in Cina nei primi secoli dopo Cristo,
e forse addirittura nel IV secolo a.C. Il quadrato 3 × 3 era
chiamato Lo Shu; nel X secolo i cinesi conoscevano quadrati fino
all'ordine 10, oltre a catene di cerchi e cubi magici non perfetti.
Nell'Occidente
Latino i quadrati magici apparvero al più tardi nel XIII secolo. Se
ne trova traccia in un manoscritto in lingua spagnola, ora conservato
nella biblioteca Vaticana (cod. Reg. Lat. 1283a) attribuito a Alfonso
X di Castiglia Già in questo testo i quadrati sono dedicati ai
pianeti. Ricompaiono poi a Firenze nel XIV secolo, in un manoscritto
di Paolo dell'Abbaco, ossia Paolo Dagomari, un matematico, astronomo
e astrologo che fu tra l'altro in stretto contatto con Jacopo
Alighieri, uno dei figli di Dante. Gli stessi quadrati compaiono
anche nel manoscritto Plimpton 167 (folio 69 recto e verso), una
copia del Trattato dell'Abbaco del XV secolo conservata nella
Biblioteca dell'Università Columbia di New York.
I
quadrati magici di ordine 3 sino al 9, descritti come supporti per
attirare le influenze dei pianeti a scopi, appunto, di magia, si
trovano in numerosi manoscritti a partire dal XV secolo. Tra i più
noti, il Liber de Angelis, un testo di magia "angelica" che
si trova contenuto in un manoscritto (Cambridge Univ. Lib. MS
Dd.xi.45) eseguito attorno al 1440 e che riprende, con qualche
variante, il testo di De septem quadraturis planetarum seu quadrati
magici un manuale di magia tramite le immagini planetarie, contenuto
nel Codex 793 della Biblioteka Jagiellońska (Ms BJ 793). I quadrati
con ordini compresi tra 3 e 9 si supponevano essere le immagini
proprie dei pianeti—nonché dei loro angeli tutelari—e in quanto
tali dotati di particolari virtù magiche. Potevano dunque essere
utilizzati per costruire talismani: ad esempio, le loro incisioni su
placche d'oro o d'argento venivano impiegate come rimedi, dalla peste
al mal d'amore.
Con
l'avvento della stampa, i quadrati magici e i loro impieghi uscirono
dall'anonimato: responsabile ne fu Cornelio Agrippa (1486 – 1535),
che li descrisse in gran dettaglio nel libro II del suo Filosofia
Occulta, definendoli "tavole sacre dei pianeti e dotate di
grandi virtù, poiché rappresentano la ragione divina, o forma dei
numeri celesti".
L'invenzione
dei quadrati magici risalirebbe alle origini della scienza. Solo tre esempi...
Nell'Islam
il numero 66 corrisponde al valore numerico della parola Allah. La
figura 56.1 è un quadrato magico islamico che esprime il numero 66
in ogni direzione quando le lettere sono convertite in numeri. La
griglia del quadrato è formata dalle lettere della parola Allah.
Quadrati come questi erano molto comuni nell'Islam.
Uno dei più conosciuti: il quadrato magico Sator
E'
possibile, e anche verosimile, che questo quadrato magico sia di
origine celtica, perché la parola arepo può essere spiegata bene
con il celtico (avverbio gallico arepo in aventi, in cima,
all'estremità imparentato con con arepennis, testa, limite del
campo; francese arpent; irlandese airchenn). E' possibile che la
formula faccia un'allusione generale alla ruota cosmica, e questo
sarebbe un ulteriore avvallo dell'ipotesi celtica.
Questa
frase latina, Sator Arepo Tenet Opera Rotas, inscritta in un quadrato
magico di 5, è stata interpretata nei modi più vari dagli
alchimisti e dagli esoteristi combinando la simbologia della lettera
stessa, quella della cifra attribuita tradizionalmente a ogni
lettera e quella del colore a seconda del fondo nero o bianco da cui
si stacca la lettera. In questo quadrato magico che racchiude “i
vortici creatore” (Rotas), alcuni tradizionalisti hanno visto le
“nozze cosmogoniche del Fuoco e dell'Acqua, generatrici della
creazione”.
Certo
questo palindromo quadrato supera ogni altro per la sua diffusione,
le meravigliose qualità ed il suo valore enigmatico. Il curioso
quadrato magico è visibile su un numero sorprendentemente vasto di
reperti archeologici, sparsi un po' ovunque in Europa. Ne sono stati
rinvenuti esempi in Roma, nei sotterranei della basilica di Santa
Maria Maggiore, nelle rovine romane di Cirencester (l'antica
Corinium) in Inghilterra, nel castello di Rochemaure (Rhône-Alpes),
a Oppède in Vaucluse, a Siena, sulla parete del Duomo cittadino di
fronte al Palazzo Arcivescovile, nella Certosa di Trisulti a
Collepardo (FR), a Santiago di Compostela in Spagna, ad Altofen in
Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, solo per citarne alcuni.
A
volte le cinque parole si trovano disposte in forma radiale, come
nell'abbazia di Valvisciolo a Sermoneta (Latina), oppure in forma
circolare, come nella Collegiata di Sant'Orso di Aosta, sul
pavimento della sacrestia della chiesa della Pieve Terzagni a
Tremoni.
Altre
chiese medioevali ancora, nelle quali si registra, in Italia, la
presenza della frase palindroma (in forma di quadrato magico oppure
in forma radiale o circolare) sono: la Pieve di San Giovanni a
Campiglia Marittima, la chiesa di San Potito ad Ascoli Satriano
(Foggia), la chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano, in
provincia dell'Aquila, la Chiesa di San Michele ad Arcè, frazione di
Pescantina (Verona), Chiesa di Santa Maria Ester ad Acquavivia
Collecroce (CB), ed altri ancora.
Gli
esemplari più antichi e più celebri sono quello incompleto
rinvenuto nel 1925 durante gli scavi di Pompei [sepolta il 24 agosto
del 79 d.C.], inciso su una colonna della casa di Publio Paquio
Proculo, e quello trovato nel novembre del 1936 su una colonna della
Palestra Grande sempre a Pompei. Quest'ultimo ha avuto grande
importanza negli studi storici relativi alla frase palindroma[2]
poiché esso è completo e arricchito da altri segni interessanti che
non si sono trovati altrove[e fu certamente inciso prima
dell'eruzione del 79 d.C.,. A partire da questi ritrovamenti, il
quadrato del Sator viene anche detto latercolo pompeiano.
Uno
tra i più noti quadrati magici è sicuramente quello che compare
nell'incisione di Albrecht Dürer intitolata "Melancholia I".
Questo
quadrato magico 4x4 contiene i primi 16 numeri e ha alcune
affascinanti proprietà. I due numeri centrali nella riga in basso si
leggono come 1514, l'anno in cui Dürer realizzò l'incisione.
Inoltre , in verticale e in orizzontale e nelle 2 diagonali, la
somma dei numeri è 34. In più 34 è la somma dei numeri agli
angoli e di quelli al centro. La somma dei numeri rimanenti è 68
(2x34). Dürer voleva forse dirci qualcosa in particolare sul numero
34? Certamente questa opera di Dürer è ritenuta la più complessa
le cui valenze simboliche hanno confuso per secoli gli studiosi.
Perché l'artista ha rappresentato un quadrato magico in alto a
destra? Gli studiosi credono che l'incisione mostri l'insufficienza
del sapere umano per raggiungere la saggezza celeste, oppure per
penetrare i segreti della natura.
R.D.M..7* - Marcello T.
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