Parlandovi
della mia esperienza nel famoso Parco delle incisioni rupestri dei
Camuni ho citato le Aquane di cui avevo avvertito e visto la presenza
e che allora non ne conoscevo l'esistenza come “esseri del mito”.
Così ho pensato di raccogliere i dati e di parlarne in questo spazio
a loro appropriato.
Per
tradizione orale e pare alludere ai culti delle acque tanto cari alle
popolazioni protostoriche di area celtica e alle leggende che nelle
Alpi centro orientali ci parlano ancora di fanciulle dai capelli
d'acqua, dotate di alcuni tratti umani ed altri a volte
soprannaturali, se non addirittura semi divini, sono diffuse quanto
meno in tutte le Venezie e nella Lombardia orientale, e sono
probabilmente imparentate con le ninfe greche e latine, forse anche
con le samodive o samovile balcaniche. Esse sono conosciute sotto
nomi diversi: angane, agane, longane, gane, aquane, naquane, aivane,
vane o vivane o valdane, e nelle zone di tradizione germanica
sàighele, bàibele , hanno conservato delle antiche ninfe
un’associazione specifica all’elemento acquatico, cioè a fiumi,
ruscelli, laghetti, tanto da essere talora assimilate alle lontre.
Le
Aquane, calme e gentili abitatrici di terre fatate, sono capaci di
predire il futuro e di ricordare il passato, ma non conoscono il
presente; e in molte leggende celtiche, questi spiriti dell'acqua, in
forma di donne bellissime, attirano gli umani nell'Aldilà, facendo
loro smarrire il senso del tempo. Questi spiriti dell'acqua
appartengono al popolo fatato della Dea Dana, ovvero al Sidhe, un
mondo parallelo, le cui entrate si trovano sotto i poggi e nei pressi
dei dolmen e delle fonti
Protettrici
benevole dell’uomo nonché custodi di immensi tesori, ma ambigue,
misteriose e inafferrabili, le anguane sono tutto sommato restie al
matrimonio con gli umani, cui però cedono di quando in quando,
unendosi così a un semplice mortale, spesso un povero contadino
rimasto ammaliato dalla loro irresistibile avvenenza. Questi
improbabili matrimoni sopravvivono di solito solo fino al momento in
cui il malcapitato non contravviene a qualche piccola prescrizione
della sposa, insignificante ma inutilmente crudele: quella di non
doverlo guardare al lume di una candela, o di non toccarle la treccia
mentre dorme... Così il debole incantesimo matrimoniale si rompe e
l’anguana ritorna per sempre alla sua gente.
E.d.R.7
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